In search of general theories

SIDS, commento di Raffaele Piumelli

03.04.2014 12:25

La Sindrome della Morte Improvvisa del Lattante (Sudden Infant Death Syndrome, o SIDS), conosciuta comunemente come “morte in culla”, è per definizione la “morte improvvisa ed inattesa di un lattante di età inferiore ad un anno che si verifica apparentemente durante il sonno e che rimane inspiegata dopo una indagine accurata, comprendente l’autopsia completa, l’esame approfondito delle circostanze del decesso e la revisione della storia clinica del caso (Willinger et al, 1991). Il modello eziopatogenetico più accreditato è quello del “triplice rischio”, secondo cui la SIDS si verificherebbe poiché nell’età critica (2-4 mesi di vita) alcuni fattori di rischio eserciterebbero la loro azione su bambini che presentano una labilità dei cosiddetti “meccanismi di sopravvivenza” (autorianimazione) durante il sonno, normalmente controllati da strutture troncoencefaliche quali i nuclei arcuati. Il mediatore chimico che interviene in questi meccanismi è la serotonina e ad una sua carenza sarebbe riconducibile la vulnerabilità dei bambini che muoiono per SIDS. Sono stati infatti identificati numerosi polimorfismi nella regione promoter del gene della proteina trasportatrice (5-HTT) della serotonina (5-HT). Le modificazioni di questa regione sono in grado di interferire con la captazione e la regolazione di membrana della 5-HT. L’allele L lungo incrementa l’efficacia del promoter inducendo una ridotta concentrazione extracellulare di 5-HT. Alcuni bambini vittime di SIDS presentano con maggior frequenza l’allele L, il che dimostrerebbe una associazione tra questo genotipo e l’aumento del rischio.

Se non è eludibile la finestra temporale di vulnerabilità né tantomeno sono attualmente identificabili i bambini a maggior rischio attraverso screening di massa, è invece possibile evitare l’esposizione ai fattori di rischio. Questi sono rappresentati da: sesso maschile, nascita pretermine e/o basso peso alla nascita, posizione prona o di fianco durante il sonno, esposizione ad elevate temperature ambientali e/o eccessiva copertura del bambino ed esposizione al fumo di sigaretta sia durante la gravidanza che dopo la nascita. L’allattamento al seno, l’uso del succhiotto durante il sonno e la condivisione della stanza con i genitori (room-sharing) riducono il rischio di SIDS, al contrario della condivisione del letto (bed-sharing). Alcuni dei fattori di rischio che abbiamo elencato sono eliminabili e ciò ha permesso di attuare campagne di sensibilizzazione che hanno consentito di ridurre l’incidenza della SIDS di oltre il 50%. Nonostante ciò, la SIDS rappresenta ancora la terza causa di morte nel primo anno di vita nei Paesi industrializzati, con una incidenza intorno allo 0,3‰. Per quanto riguarda l’Italia, non esistono dati certi sull’entità del fenomeno poiché l’autopsia, che rappresenta una tappa fondamentale nel percorso diagnostico, viene eseguita sporadicamente e quasi mai in accordo ai protocolli internazionali, per cui le diagnosi sono spesso presuntive. Per tale motivo la recentissima approvazione del Protocollo Attuativo della legge che disciplina il riscontro diagnostico sulle vittime della SIDS rappresenta un provvedimento di fondamentale importanza per il nostro Paese, poiché dovrebbe portare alla regolare e corretta effettuazione del riscontro diagnostico. Nella Regione Toscana l’Assessorato per il Diritto alla Salute e alle Politiche di Solidarietà ha promosso, a partire dal 2009, la creazione di una rete organizzativa interistituzionale per l’effettuazione del riscontro diagnostico nei casi di Morte Improvvisa ed Inattesa nel Primo Anno di Vita, cui contribuiscono il Centro Regionale SIDS dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer, tre Istituti di Anatomia Patologica regionali, i pediatri di famiglia, i Servizi di Emergenza, la Procura della Repubblica e l’Associazione Genitori “Semi per la SIDS-Onlus”. I risultati di questi primi anni di attività sono confortanti, poiché il riscontro diagnostico viene ormai eseguito in oltre il 90% dei casi e sulla base di un protocollo condiviso. Inoltre, è emerso che la mortalità per SIDS è attestata su valori inferiori allo 0,3‰, a tutta dimostrazione dell’efficacia della campagna di riduzione del rischio che viene attivamente condotta nella nostra Regione. Questi dati non ci devono tuttavia far abbassare la guardia, poiché nelle quasi totalità delle Regioni italiane ancora non sono effettuate campagne organiche di riduzione del rischio, non vengono eseguiti i riscontri diagnostici né sono previsti interventi specifici per garantire il necessario sostegno alle famiglie colpite. È su queste criticità che si dovranno concentrare gli sforzi futuri per una più efficace lotta alla SIDS.

Raffaele Piumelli
Responsabile Centro di Riferimento Regionale per lo Studio e la Prevenzione della SIDS – AOU Meyer, Firenze