In search of general theories

IL PEDIATRA ED IL TELEFONO: ODIO/AMORE?

17.05.2013 17:35

 

Sull’autorevolissimo sito https://emedicine.medscape.com/ è apparso un articolo che consiglia ai pediatri americani come gestire i pazienti al telefono[1].  Il pediatra americano non risponde alle chiamate telefoniche, ma lo fa la sua infermiera, e tutte le chiamate vengono registrate nei file del paziente.  E’ stato stimato che un pediatra americano perderebbe 16 dollari a telefonata, se si mettesse a rispondere personalmente. 

Sino agli anni ’90, le telefonate erano considerate una tediosa perdita di tempo e la politica dei pediatri americani era quella di tenere lontani dallo studio i pazienti cosidetti “quickie sickies”, “i malatini veloci” (i nostri cosidetti “acuti banali”, cioè quelli che non hanno nulla se non un po’ di tosse o muco al naso).  Attualmente, la situazione è cambiata negli USA.  I pediatri americani si sono resi conto che questi pazienti potrebbero essere una fonte di guadagno notevole.  Le infermiere hanno l’ordine di fissare al paziente che telefona un appuntamento velocissimo, nel corso della stessa giornata. 

L’articolo esorta i pediatri americani a convertire le conversazioni telefoniche gratuite in visite (pagate dai genitori o rimborsate dalla loro assicurazione), poiché “si fanno più soldi con visite brevi, che gestendo malati con patologie complesse”. 

In conclusione, negli USA i pediatri spingono affinchè il bambino venga visitato allo studio, mentre i genitori, al contrario, cercano di avere risposte telefoniche, per non dover affrontare i costi della visita.  Si tratta di un comportamento esattamente opposto rispetto a quello dei pediatri di base e dei pazienti italiani!pensate se il pediatra nostrano dicesse a tutti i bambini che telefonano di venire subito allo studio!  C’è una differenza abissale fra il nostro ed il loro comportamento, e questa difformità è motivata esclusivamente da un diverso approccio economico dovuto a Sistemi Sanitari agli antipodi. 

 

Questo modo di pensare, così diverso dal nostro, si presta ad un’analisi più generale. 

La verità, anche in medicina, non è oggettiva, ma dipende dal contesto in cui è applicata.  Il miraggio “Evidence-Based Medicine” di un meta-linguaggio comune a tutti i medici del mondo, di una best-practice pediatrica da applicare in tutte le circostanze, è irrealizzabile, in quanto ogni operatore sanitario agisce ed è modificato dal contesto in cui vive.  Secondo la Dynamic system theory[2], l’individuo (e quindi anche il medico) è embedded/embodied (incarnato/immerso) nell’ambiente che lo circonda.  Noi non siamo noi stessi in quanto “noi stessi”, ma siamo noi stessi in quanto “noi stessi nell’ambiente attorno a noi”.  La nostra macchina corpo-mente reagisce meccanicamente alle sollecitazioni esterne ed interne, ed il risultato sono i nostri comportamenti e modi di pensare.  Noi impariamo come comportarci pragmaticamente interagendo col mondo esterno e rispondendo agli input che esso ci manda. I condizionamenti reciproci individuo/ambiente sono tali, da modificare completamente la realtà da un soggetto ad un altro e da un ambiente ad un altro.  Con buona pace del libero arbitrio!

 

 

 



[1] In data 27 Febbraio 2013, a firma Elizabeth Woodcock

[2] Di cui è un importante esponente Rick Grush, 2003 circa